Il maestro Gaber

Pubblicato su Sciare magazine, 15 novembre 2023

Maestri nostri, maestri vostri, c’è differenza tra i maestri di sci di ieri e i maestri di sci di oggi? Tra quelli che abbiamo avuto noi, che avevano preso il titolo negli anni ’70, e quelli di oggi che siamo noi e quelli più giovani di noi? C’è differenza tra i maestri nostri che avevano i gradi – terzo, secondo, primo – e noi che siamo tutti di massimo grado; tra i maestri nostri che sciavano in assorbimento e anticipazione, maghi tra le gobbe, e i vostri che sciano al settimo livello, maghi nelle pieghe? C’è differenza tra i maestri di ieri che conducevano con gli sci lunghi 2 metri e 10 e i maestri di oggi che conducono anche in pendenze superiori al 40%; tra i maestri nostri che per avere il titolo dovevano convincere il severissimo Hubert Fink e i maestri vostri che per prendere la patacca devono superare la non meno severissima PFC-T?

Sto parafrasando una celebre canzone di Gaber, padri miei, padri tuoi. In pieni anni Settanta, anni di terrorismo, di rapimenti, anni bui, Gaber metteva a confronto i padri di ieri, quelli che sono diventati genitori prima della rivoluzione libertaria del ’68, con i padri di oggi, quelli che sono diventati genitori dopo il Sessantotto quando furono messi in discussione tutti i valori tradizionali. Gaber dice: “i padri miei che ci ho avuto io/ Erano seri e prudenti/ Gli abiti grigi, i modi calmi e misurati/ Persino nei divertimenti” mentre i padri tuoi, “i padri che potrei essere io/ non sono austeri e riservati/ si vestono più o meno come noi/ sono padri colorati”. E prosegue in uno spietato confronto al termine del quale ai primi, i padri miei, quelli che sono diventati genitori prima del ’68, riconosce una figura genitoriale di “consistenza”, mentre ai secondi, i padri tuoi, quelli post ’68, una figura genitoriale “disossata”.

Anche sugli sci gli anni ’70 furono turbolenti: c’erano associazioni alternative all’AMSI che sfornavano maestri, non c’erano i Collegi, l’abusivismo dilagava ovunque, ma non furono anni di contestazione e disgregazione valoriale. Anzi, la FISI e l’AMSI fecero quadrato contro l’abusivismo, contro le associazioni che sfornavano maestri con percorsi formativi alternativi e semplificati. Nelle selezioni tennero alto il livello e in pista i maestri continuarono a esprimere quella “consistenza” tecnica, didattica, sciistica, di conoscenza autentica della montagna che fu quella dei primi maestri, quando, negli anni ’30, si diplomarono i primi maestri di sci italiani.

Fu così che nel 1991 si arrivò a promulgare la legge che istituì i Collegi e con essi l’albo professionale, dando riconoscenza a quella “consistenza” del saper sciare e del saper insegnare lo sci che da novant’anni, cioè da sempre, costituisce l’essenza del maestro di sci italiano.

Se i padri di oggi non sono più i padri di ieri e la loro figura da “consistente” è diventata “disossata”, i maestri di sci di oggi sono nel profondo quelli di ieri, dell’altro ieri, quelli di sempre: campioni dello sci, modelli primi dell’arte di sciare.

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