Nevicata purificatrice

Pubblicato su Sciare, 1 gennaio 2021

Il dibattito sullo sci, in questi giorni di tanto Covid e di tanta neve, è, secondo il Ministro degli esteri Luigi Di Maio, “surreale”. Ovvero fuori dalla realtà. Come a dire che chi parla di voler sciare, quando ci sono tante persone che muoiono perché si sono prese il Covid, è uno che non si rende conto di come stanno in realtà le cose. Di Maio ha inoltre specificato che l’unico sacrificio vero è quello che fanno i medici che lottano contro il Covid, non quello degli sciatori che devono stare a casa, privandosi del divertimento di scendere dalle montagne innevate; che il dolore vero è quello di chi sta sotto un casco d’ossigeno, non quello di chi non si può infilare il casco per andare a sciare.

Di Maio ha ragione senza avere ragione. Ha ragione perché la morte che il Covid procura è il fatto estremo dell’esistenza umana e nulla può essere più importante della possibilità di morire per chi è vivo; Di Maio ha torto perché lo sci è parte di quelle attività che rendono la vita umana così speciale da essere il bene supremo e quindi degna di esser difesa dall’attacco mortale del Covid.

Lo sci, infatti, è tra quei “divertimenti” che fanno, lo dice la parola stessa, “divergere” la vita umana da quella animale. Se l’uomo è un uomo, e non è un animale, lo è perché in fondo l’uomo anche scia. I cosiddetti “divertimenti” sono l’essenza più profonda della nostra esistenza di uomini; sono la ragione prima e ultima del perché la vita è degna di essere vissuta in pienezza fino all’ultimo giorno. Sciare, quindi, è fondamentale per chi ne è appassionato, perché è come leggere un libro, guardare un film, andare a teatro; sciare è come incontrare gli amici che risiedono in comuni diversi, sedersi a tavola e parlare, andare a scuola e all’università, guardando in volto i propri docenti, confrontandosi con i propri compagni; sciare è, perfino, come eleggere una propria rappresentanza politica: tutte pratiche che rendono speciale e unica la vita dell’uomo.

Se quindi il Covid, che è la morte, può impedirci di andare a sciare, il Covid non può far definire “surreale” l’interesse per lo sci che, ripetiamo, rientra a tutto diritto tra quei divertimenti che rendono la vita umana quella cosa straordinaria che essa è; il Covid non può zittire il dibattito sullo sci, definendolo semplicisticamente “surreale”.

Milano, anno di peste 1630, Lazzaretto di Porta Orientale, Renzo Tramaglino, mentre sta per tornare a casa, è colto da una pioggia inaspettata. Manzoni racconta che appena Renzo è uscito dal lazzaretto inizia prima “una grandine di goccioloni radi e impetuosi, che… in un momento, diventaron fitti”. In quella pioggia sempre più forte Renzo “ci sguazzava dentro”, sentendosi purificato da quella pioggia inattesa, che, scrive Manzoni, “pochi giorni dopo… quell’acqua portava via il contagio” al punto che “tra una settimana, si vedrebbero riaperti usci e botteghe, non si parlerebbe quasi più che di quarantina”. I Promessi Sposi terminano, com’è noto, con una potente pioggia purificatrice che caccia via la peste.

Italia, anno di Covid 2020, una potente nevica dicembrina che non si vedeva da quarant’anni copre montagne, colline e pianure di tutta la Penisola… chissà, forse adesso almeno si potrà iniziare a parlare seriamente di sci.

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