Il gioco delle calende greche

Pubblicato su Sciare, 1 febbraio 2021

La cronaca di questo inverno pazzesco inizia con una copiosa nevicata dicembrina, quando le montagne, le colline e le pianure d’Italia si sono coperte magicamente di neve come non succedeva da decenni. Tanta buona neve ovunque già all’inizio dell’inverno ci ha dato l’illusione che avremmo vissuto una di quelle stagioni fantastiche, con grandi sciate e tanta gioia e intense soddisfazioni, che avremmo ricordato per tutta la nostra vita.

Ma, se in altri anni tutti avremmo iniziato a sciare mentre ancora stava scendendo la neve, in questo inizio di stagione siamo stati tutti costretti a rimanere chiusi in casa: un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri vietava l’apertura degli impianti di risalita fino al 3 dicembre. Tanta neve, ma niente sci.

Con diligenza, allora, tutti gli sciatori d’Italia hanno atteso il termine del provvedimento, certi che iniziare a sciare il 4 dicembre non avrebbe rovinato quella che si prospettava come una delle più belle stagioni sciistiche di sempre. Poi, però, così non è andata. Proprio il 4 dicembre, un nuovo decreto rinviava l’apertura degli impianti al 7 gennaio.

Con diligenza e con dispiacere, allora, tutti gli sciatori d’Italia hanno accettato di trascorrere le vacanze di Natale più innevate della storia dello sci moderno senza mettersi gli sci ai piedi, attendendo, per la seconda volta, lo scadere di un altro termine imposto. Ma, al 7 gennaio, un nuovo decreto rinviava per la terza volta l’apertura degli impianti al 18 del mese.

Con diligenza, dispiacere e tristezza tutti gli sciatori d’Italia, allora, hanno atteso che anche questa disposizione compisse il suo corso. Allo scadere, però, del 18 gennaio, una nuova data si è materializzata per la riapertura degli impianti, quella del 15 febbraio.

Con diligenza, dispiacere, tristezza e, a questo punto, rassegnazione tutti gli sciatori d’Italia si sono orientati verso l’ennesima nuova scadenza, che, a meno di 5 ore dal suo naturale termine, è stata procrastinata con un quinto provvedimento di divieto d’apertura degli impianti al 5 marzo.

Ebbene al 3 dicembre il sentimento degli sciatori è stato di diligenza. Si è capito che la salute era più importante dello sci e con rispetto gli sciatori sono rimasti a casa. Al 7 gennaio alla diligenza si è sommato il dispiacere. Vivere un Natale senza sci è un dispiacere infinito per chi ne è appassionato. Al 18 gennaio è piombata addosso agli sciatori la tristezza: domeniche grigie, monotone, senza prospettive hanno insinuato nello spirito di tutti gli sciatori un profondo sentimento d’infelicità.

Ora, al 15 febbraio, è arrivata la rabbia. Il gioco delle calende greche, cioè dire un giorno per la riapertura degli impianti che poi non è mai quello perché semplicemente le calende greche non esistono nel nostro calendario latino, è provocatorio e inaccettabile. Gli sciatori meritano rispetto. Non possono accettare di sentirsi dire che la diffusione della pericolosissima variante inglese del virus è collegabile all’apertura degli impianti in Svizzera, dove, tra l’altro, la curva dei contagi è in calo, malgrado in Svizzera si sia sempre sciato. Non possono nemmeno accettare che un Ministro fissi per 4 volte una data per altrettante volte negarla, senza dare una spiegazione puntuale e credibile a questa iterata contraddizione.

Non è vero che si è arrivati a ciò, perché lo sci non conta. Lo sci conta tantissimo. Lo sanno tutti che lo sci è lo sport più praticato dalle famiglie in Italia. Che è il volano dell’economia alpina. Che senza lo sci, la montagna si spopola e muore. E poi, teniamocelo ben in mente, i Maestri di sci contano tantissimo. Loro e soltanto loro hanno portato la cultura della neve, quel sapere che ha saputo trasformare una calamità naturale in divertimento, sport, salute, benessere, lavoro, prosperità.

I virologi di turno dovrebbero capire e imparare proprio questo: anche la neve imponeva ai paesi di montagna il lockdown, ma gli uomini di montagna si sono inventati lo sci e sono diventati maestri e la neve da calamità è diventata gioia e ricchezza per tutti.

Capiscano e imparino i signori virologi a inventare soluzioni e la finiscano di pensare e d’imporre solo chiusure, che di per sé non sono mai un rimedio, ma solo e sempre un fallimento della loro scienza.

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