Meraviglia e pena del volontariato

Pubblicato su Sciare, novembre 2018

Forse non c’è azione umana più bella di quella del volontario. Fare per libero impulso interiore. Senza interessi. Gratuitamente. Senza secondi fini. Generosamente. Lo sport è pieno di persone animate da questo sentire. Anzi lo sport esiste in Italia grazie ai volontari che portano i ragazzini in montagna a sciare anche se non sono figli loro, anche se non prendono un euro per fare quello che fanno. Gli sci club sopravvivono grazie a presidenti, consiglieri, accompagnatori animati da questo alto spirito altruistico. Che meraviglia!
Eppure il volontariato non è figlio dello sport. Dallo sport, se mai, viene il dilettantismo, fare per puro diletto, per libero piacere che è un’altra cosa rispetto al volontariato: il primo lo si fa per sé, il volontariato lo si fa per gli altri. Per tutti gli altri, tanto che storicamente lo si faceva per la Patria. Il volontariato ha inizio a fine Ottocento, quando il Regno d’Italia era da poco costituito e i giovani italiani partivano volontari per il servizio di leva a difesa della nuova nazione.
Oggi quello spirito nobile è rimasto nel mondo della protezione civile, degli alpini, dei vigili del fuoco, del soccorso alpino… Quando, in questi giorni, è venuto giù il cielo sopra le valli del Bellunese e acqua e vento hanno spazzato via strade, tetti di case, ettari ed ettari di bosco sono corsi a centinaia per dare una mano, tutti preparatissimi, organizzati, attrezzati. Un vero esercito di volontari, qualcosa di grande e di lodevole, come quegli eserciti di volontari che sono corsi in aiuto alle popolazioni terremotate del centro Italia. Nessun popolo è generoso come quello italiano nell’aiutare il prossimo. Che meraviglia!
Solo che di questo buon cuore, di questa operatività, di questa efficienza ci si sta approfittando sempre di più e il volontariato da prestazione d’urgenza, cioè circoscritta a un episodio eccezionale, come dev’essere, è diventato una pratica abituale, ordinaria, addirittura strutturale. È il caso dell’associazionismo sportivo, in cui si è confuso lo spirito dilettantesco con il volontariato.
Questo non va bene. Questa è una distorsione del sistema. Un abuso. Si può ricorrere ai volontari per un’alluvione, per un terremoto, per un incendio, per tutti gli eventi imprevedibili ed eccezionali che possono accadere, ma non per far attraversare i bambini all’incrocio davanti alla scuola, per assistere i pazienti in lunga degenza negli ospedali, per far crescere i nostri giovani nei valori dello sport e della montagna. Queste sono attività ordinarie, non straordinarie. Questi sono servizi per i quali il cittadino italiano paga più del 60% dei suoi guadagni. Qui il volontariato non c’entra. Eppure va così.
Nell’ennesima finanziaria non c’è traccia di riforma dello sport che rimane sempre affidato alla meravigliosa generosità delle buone anime dei volontari che si prendono cura della crescita forte e sana ed etica dei giovani italiani come si trattasse di un intervento d’emergenza, che proprio non è: che pena!

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