Ci vogliono le prove

Pubblicato su Sciare Magazine, novembre 2017

L’ultimo Spigoli della scorsa stagione era sulle selezioni maestri; il primo di questa nuova stagione ha lo stesso tema. Come se fossero due puntate, separate dalla pausa estiva. Nel primo si rifletteva sulle difficoltà della prova di gigante a tempo, che impedisce a oltre il 50% dei candidati maestri di cimentarsi nella prova tecnica degli archi, essenza delle capacità interpretative del futuro maestro, tenuto a fare più curve in campo libero che tra i pali. In questo nuovo Spigoli chiediamoci la ragione per cui di quel già severo 50%, sopravvissuto alla prova del gigante, passa alla fine solo il 20% degli iscritti.
Venti su cento è una percentuale francamente spietata. Quasi disumana. Pochissimi gli eletti, tantissimi gli scartati. Se la si confronta con altri test d’ingresso, la selezione maestri risulta tra gli esami più severi che si svolgano in Italia. Gli esami d’accesso all’università, per esempio, hanno percentuali opposte. Lo scorso anno al temutissimo test di medicina sono stati considerati idonei il 91% degli iscritti, con la percentuale più bassa dell’università di Catanzaro (84,42%) e quella più alta dell’Università di Pavia (97,84%). Ma altri test hanno avuto anche il 100% dei promossi, come Architettura a L’Aquila, Pavia e in altre sedi.
Gli esami esistono e vengono sostenuti perché sono la porta che apre a una parte del mondo del lavoro, quella delle cosiddette professioni. Per l’altra, quella del commercio, dell’artigianato, dell’industria, la porta d’accesso si chiama libero mercato.
Quando si è giovani, si pensa che sia preferibile quest’ultima, che è più libera e avventurosa, immediata e apparentemente più facile, rispetto a quella dell’esame; poi, nel tempo, ci si accorge del contrario.
Chi infatti entra nel mondo del lavoro attraverso la porta dell’esame vero, difficile, selettivo, in genere non fa apprendistato, non fa gavetta: la prima ora di scuola del giovane neo maestro ha la stessa tariffa oraria della lezione del maestro dall’esperienza decennale. Inoltre non vive lo stress di una concorrenza quotidiana e senza limite, volta a premiare il prezzo più basso. L’esame di selezione maestri, come altri esami difficili, si pensi a quello per il notariato, permette ai neopromossi l’ingresso in un mercato del lavoro che potremmo definire regolato, in cui il controllo della concorrenza, l’equità di trattamento tra colleghi sono garantiti; in cui la cosiddetta battaglia dei prezzi è un fenomeno decisamente ancora contenuto e marginale.
Viceversa, dove per accedere al mondo del lavoro non vi è un esame di selezione, è il libero mercato a decretare, nel tempo, chi possiede le caratteristiche richieste per affermarsi nell’esercizio di quella data attività. Ma il libero mercato è terribile; è più duro del più duro esame. Può in ogni momento bocciarti per ragioni che non dipendono, come nel caso dell’esame, dal sapere e dalle capacità dell’individuo.
Quella che appare allora una prova spietata di selezione umana con pochi eletti e tanti respinti risulta alla fine lo strumento che garantisce la qualità tecnico-dimostrativa del maestro di sci, l’equità di trattamento tra i professionisti della categoria, la tutela e il mantenimento del mercato dell’insegnamento dello sci. Per tutto ciò è fondamentale che sia una prova severa e non una prova farsa. Meglio quindi prepararsi bene, faticare il necessario, entrare in quel 20% di meritevoli e poi sciare serenamente.

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