Il grigio della scuola e i colori dello sport

Pubblicato su Sportivissimo, aprile 2017

Le Giornate dello Sport a scuola sono state un disastro. Fallite nel 99% dei casi. E le ragioni di ciò sono mille e una. Mille, insignificanti, ragioni di natura organizzativa, logistica, economica, di responsabilità, eccetera eccetera e una, sostanziale, di tipo culturale: il mondo della scuola continua a sentire il mondo dello sport come opposto a sé e, senza pietà, lo boicotta. Perché la scuola è impegno mentre lo sport è svago; perché la scuola è istruzione mentre lo sport è ignoranza; perché la scuola sta in alto mentre lo sport sta in basso nella scala delle categorie umane. Di conseguenza lo sport è il nemico della scuola. Ebbene noi continueremo a sostenere il contrario, dandone incontrovertibili prove. Per il bene dello sport ma soprattutto per il bene della scuola, che in questo momento, a dirci la verità, sta messa ben peggio dello sport e dallo sport potrebbe ricevere un aiuto decisivo sia nelle grandi quanto nelle piccole questioni.
Come quello di far capire ai giovani – grande questione da sempre irrisolta – che a scuola si va non perché si è obbligati, ma perché, come nello sport, a scuola ci si migliora, si diventa più forti e vincenti. Lo sport potrebbe offrire al grigio mondo scolastico il colore dell’impegno che diverte, del sacrificio che dà soddisfazione, della fatica che diventa gioia.
Ma anche – piccola questione – lo sport potrebbe essere d’aiuto a gestire il fenomeno del bullismo. Nella scuola ci sono i bulli che nello sport non ci sono. Chiediamoci il perché. Perché nelle aule dei nostri figli ci sono ragazzi di 3, 4 anni più vecchi, pluribocciati, che passano le loro ore scolastiche da teppistelli con la sigaretta in bocca, minacciando, estorcendo libri, quaderni e qualche euro ai loro compagni più giovani, mentre nelle varie squadre sportive questo non accade?
La risposta non è difficile. Lo sport non permette quello che la scuola permette. Sul piano delle regole ma soprattutto su quello delle prestazioni. Un bullo che fuma, che non s’impegna, non ha resistenza, né forza. Basta nulla per metterlo di fronte ai suoi limiti. Per contenerne l’esuberanza. Per ridimensionare il suo stesso bullismo. Nello sport, se mai, è il bravo a fare il gradasso con i compagni o i rivali, ma nello sport non si è mai bravi per sempre. Ho conosciuto campioni del mondo con un’umiltà fuori del comune. Quando gliene chiedevo ragione, tutti mi hanno dato la stessa risposta: nella carriera di un atleta sono sempre di più le sconfitte delle vittorie. E le sconfitte educano a non credersi i migliori di tutti, anche quando, un certo giorno, si è stati i migliori al mondo. I bulli non appartengono allo sport, al massimo s’infilano in qualche tifoseria.
La scuola dovrebbe avviare i suoi discoli alla pratica sportiva. Più uno è indisciplinato, più ore di sport dovrebbe fare e a più gare dovrebbe partecipare. Il confronto vero con se stessi e con gli altri smonta chiunque. Il prossimo anno proporremo le Giornate dello Sport per i bulli, per aiutare la scuola, sempreché si faccia aiutare.

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