Nel nome del padre

Pubblicato su Il Nostro Campanile, ottobre 2015

Domanda diretta e per auto-definizione “esuberante” di Pietro Marzotto a Gaetano Bressan: “la piccola media impresa della valle è cresciuta grazie all’Amministrazione pubblica oppure nonostante l’Amministrazione pubblica?” Risposta pacata ma netta di Gaetano Bressan, “la piccola media impresa della valle è nata e cresciuta nonostante la Marzotto”. Il sindaco e l’imprenditore degli anni dello sviluppo sono ritornati, in un recente incontro al Guanxi, sul novecentesco dilemma: la Marzotto ha favorito o impedito lo sviluppo dell’industria locale? L’Amministrazione pubblica ha fatto tutto il possibile per favorire le imprese che nascevano sul territorio oppure poteva fare meglio e di più?
Dialettica un po’ vintage ma pur sempre affascinante: per Marzotto, nessuna Amministrazione pubblica italiana ha mai saputo davvero cosa significasse fare squadra con l’industria del territorio, altrimenti gli indici di crescita economica nazionali o locali non sarebbero insoddisfacenti come sono. In sintesi: l’Amministrazione pubblica costa troppo e realizza poco. Per Bressan, se la piccola media impresa del territorio ha accusato qualche ritardo rispetto ad altre aree del Nordest, questo lo si deve alla storia speciale della valle, segnata, pur con notevoli e indubbi vantaggi, dalla presenza assolutamente ingombrante e condizionante di una delle più grandi fabbriche nazionali. In sintesi: la Marzotto è stata un’azienda troppo grande in una valle troppo stretta. Discussione affascinante, si diceva, ma datata… la Marzotto è certamente un’azienda importante ma da decenni non ha più quella centralità nel tessuto economico locale di un tempo e la piccola-media impresa della valle è cresciuta e oggi naviga – come documenta il bel libro di Geatano Bressan – nelle acque internazionali del mercato globale. Discussione, quindi, d’epoca che non ha nessuna implicanza con l’attualità, a meno che il caso non apra nuovi e inaspettati orizzonti di ragionamento… Pochi giorni dopo l’incontro tra Marzotto e Bressan, oh le sorprese del caso, il filosofo Curi è venuto a Valdagno, ospite del sempre attivissimo Guanxi, a parlare di emancipazione, ponendo la questione del come si diventata grandi, del come ci si “congeda dalla sudditanza” del padre. Ecco la questione centrale, eterna e attuale del discorso del libro di Bressan: come le imprese della valle si sono emancipate dalla Marzotto e da Marzotto, il padre, padrone e paternalista, che ha dato il lavoro, le case, le scuole, gli ospedali, i teatri e gli stadi ma in cambio ha sempre esatto la devozione, la dedizione, il sacrificio, la fedeltà? Ecco la questione centrale, eterna e attuale del discorso di Pietro Marzotto: come si può diventare grandi oggi con un’Amministrazione pubblica locale virtuosa, sì, fin che si vuole, composta da persone brave, oneste e capaci ma pur sempre espressione di quello Stato italiano, l’altro padre, che da sempre chiede più denaro di quello che restituisce in opere pubbliche, che cronicamente non sa contenere la spesa, che quando fa, è più le volte che fa male e con lentezza, che bene e nei tempi giusti, che s’inventa un divieto, un obbligo, una multa al giorno contro il singolo cittadino come contro l’impresa: un padre insomma spendaccione, che si mangia e si beve tutto ciò che i suoi probi figli-cittadini assai generosamente gli passano, eternamente in bolletta, per nulla virtuoso e alquanto bizzoso e difficile?
La domanda finale quindi è: come hanno fatto i valdagnesi e le loro piccole-medie imprese a emanciparsi, in questa congiuntura assai rara, da ben due “padri” così difficili? Come si è riusciti a diventare maturi in una situazione così complessa? Come si è riusciti a non soccombere?
Il professor Curi – sintetizzo – ha spiegato che nella nostra cultura greco-giudaica-cristiana per diventare grandi vi sono sostanzialmente due vie: quella greca di Edipo, che prevede l’uccisione, ovviamente metaforica, del padre, e quella giudaica-cristiana di Abramo prima e di Cristo poi di totale obbedienza al Padre fino all’estremo sacrificio. Ribellione versus martirio. Morte del padre oppure morte del figlio. Poiché diceva Totò “è la somma che fa il totale”, emanciparsi impone “a prescindere” (sempre Totò) la morte di qualcuno che nemmeno metaforicamente ci piace. A Curi che propone una terza via ispirata alla “mite inflessibilità” del Bartleby di Melville, vorremmo suggerirne un’altra: “la via Valdagno” quale emerge dal libro di Bressan. Non il parricidio, invero già tentato nel ’68 con l’abbattimento del monumento di Marzotto, né i sacrifici estremi del lavoro a cottimo degli Anni ’30 e ‘50 ma nemmeno il debosciato “preferirei di no” di Bartleby che rifiuta la responsabilità di diventare adulto, ma “il modello Valdagno” che, se si vuole, è “la via femminile” dell’emancipazione. La donna che è, metaforicamente, sempre la figlia del re, se ne va di casa innocente (non ha ucciso nessuno) e innamorata (non fa nessun sacrificio) con il principe azzurro per fondare una nuova casa e mettere al mondo un nuovo re. Nella maternità, che è vita che continua, la donna si emancipa e trova la sua maturità. Nel lavoro quindi delle sue imprese, nell’intelligenza dei suoi imprenditori Valdagno si è emancipata, perché è nel fare, nel creare, nelle opere la via vitale e non mortale del diventare grandi, adulti e maturi.

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