Forse ci salveremo

Pubblicato su La Casa della Rugiada, ottobre 2015

Come una bottega d’arte quattrocentesca, come il mitico giardino mediceo di San Marco nella Firenze di fine XV secolo, “La casa della rugiada” è un luogo, ancor prima di essere una rivista, di ricerca, di confronto, di produzione e di critica d’arte. Un luogo d’intelligenze artistiche, una casa dell’arte. E come le celebri botteghe quattrocentesche che ospitavano talenti che vi giungevano da ogni dove, anche “La casa della rugiada” è un luogo d’incontro di artisti dalle più diverse provenienze. Però, se tra i pittori a bottega del passato vi era una tradizione artistica e culturale condivisa, perché le loro provenienze erano comunque regionali o al più continentali, ne “La casa della rugiada” di oggi vi militano, come la più ovvia delle condizioni, artisti provenienti da ogni dove, portatori di culture assolutamente differenti tra loro. Il mondo si è fatto globale prima che la cultura lo diventasse, questo è il primo punto da capire.

E allora è geniale l’intuizione di Angelo Falmi, uno tra i pochi artisti di arte contemporanea che da tempo predilige la partecipazione a mostre collettive piuttosto che a mostre personali, quale segno del relativismo dei tempi, di dedicare questo primo numero de La Casa della Rugiada al tema del mare, convocandovi gli artisti del mondo che frequentano la casa. Se si prova a pensare, infatti, a un elemento totalmente “globale” – nel senso esatto di “appartenente al globo terracqueo” – questo non può che essere il mare. Il mare è più “globale” della terra; lo è per estensione: è maggiore la sua superficie; lo è per omogeneità: il mare è sempre il mare, dove la terra, al contrario, è sempre diversa per luogo, abitanti, culture, storie. Il mare è davvero il grande elemento uniforme e comune del Pianeta ed è quindi straordinariamente felice l’intuizione di Angelo Falmi di dedicarvi questo primo numero della rivista, perché la questione che si pone, è: in un mondo in cui non vi è ancora traccia di una cultura globale come invece vi sono straripanti segnali di mercati economici globali, quale effetto produrrà l’interrogarsi artisticamente su un tema totalmente globale, qual è il mare? La suggestione quindi che ne viene, è: se dal mare siamo venuti, sarà dal mare che prenderà vita il nuovo respiro dell’arte contemporanea che, secondo la fisica e la metafisica dei tempi, necessariamente dovrà essere globale?

I risultati sono sorprendenti. A differenza di quello che era accaduto negli anni ’70 con l’”arte ambientale”, dove attraverso la manipolazione dell’artista era l’ambiente stesso ad assurgere allo statuto di opera d’arte, qui il mare rimane quello che è, per farsi fonte d’ispirazione, tema o metafora secondo le particolarissime storie e sensibilità di ogni artista. Abbiamo il mare tutto dipinto di Angelo Falmi con i suoi vibrati azzurri-verdiacqua-blu, con i suoi riconoscibili pesci, le sue increspature, i riflessi e i giochi di luce sull’acqua e abbiamo il mare dei pesci volanti di Sestito o di Keshavarz o i mostri degli abissi di Porcinai, e poi abbiamo il mare come metafora di trasparenze di Ochoa o il mare e le sue onde come via per i messaggi in bottiglia per l’umanità, nascosti negli arabeschi di Orouji. Se sono diversi i modi di pensare il mare, sono diverse anche le tecniche di rappresentarlo. Vi è la pittura astratto-figurativa di Angelo Falmi e vi sono gli arabeschi di Farhad Orouji; le trasparenze di Juan Ochoa, il figurativo grafico di Damoon Keshavarz; gli altorilievi surreali di Romano Sestito e gli assemblaggi per i mostri della profondità dello scultore Silvano Porcinai.

Al visitatore della casa non si dà alcuna possibilità di una lettura d’insieme. Il mare, elemento di per sé globale, non ha una rappresentazione artistica che possa definirsi tale. “La casa della Rugiada” è un luogo e una rivista in cui intelligenze artistiche provenienti dal mondo s’incontrano, “fanno arte”, comunicano il loro pensiero artistico senza diventare “gruppo”, “movimento”, senza firmare, nemmeno idealmente, alcun manifesto. Ogni mare degli artisti della casa è diverso dall’altro. Al critico non è dato d’individuare alcun collegamento tra essi, come allo storico dell’arte era possibile determinare una scuola per la bottega quattrocentesca.

Il mondo si è fatto globale ma l’arte non lo è ancora, ecco la seconda cosa da capire. Quell’arte, che da almeno duecento anni, nel canone occidentale, è stata considerata l’avanguardia del pensiero umano, la precorritrice dell’assolutamente nuovo per statuto a fronte, tante volte, perfino del suo principio estetico, non pare interpretare più quella contemporaneità globale in cui tutti viviamo e a cui tutti ci siamo adeguati.

E allora? Forse è arrivato il momento in cui possiamo dirci che l’arte non vive di “nuovo” come abbiamo creduto, forse nemmeno di “scandalo” come si è pensato; forse l’arte vive di pensiero e di bello, che originano, l’uno e l’altro, dalla cultura, dal vissuto e dal talento speciale di ogni artista: forse l’arte non sarà mai globale e questo ci salverà.

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