La grande storia: Cesare Battisti a Valdagno

Pubblicato sul Nostro Campanile, giugno 2015

Scriveva Bertold Brecht: “è infelice quel popolo che ha bisogno di eroi”. Siamo forse infelici noi che lo scorso 25 marzo abbiamo ricordato in una felicissima cena l’eroe Cesare Battisti a cent’anni esatti dalla sua venuta a Valdagno? C’è un saggio molto bello e che costa molto poco, soli 5 euro, scritto da Maurizio Dal Lago e Claudio Gattera che racconta le “ore valdagnesi” di Cesare Battisti, dal suo arrivo in città con il trenino preso a Tavernelle, alla conferenza che tenne al cinema Marconi di via Manin gremitissimo di valdagnesi, fino alla cena che l’assessore Domenico Cocco, presidente della locale Associazione “Trento e Trieste”, aveva organizzato presso l’albergo Alpi di Corso Italia. Tra il 1914 e i primi mesi del 1915 Battisti girava tra le principali città italiane per spiegare le ragioni dell’irredentismo. Era trentino, si era laureato in Lettere a Firenze, era deputato al Parlamento di Vienna per la città di Trento ma soprattutto era un italiano in terra italiana irredenta, cioè non liberata dalla dominazione austriaca. Battisti fu certamente lieto di poter parlare a Valdagno che per la sua vicinanza al confine con l’Austria e per la sua rilevanza di città industriale era tra le piazze più importanti del nord Italia. A cent’anni esatti da quella sera, il Gruppo Storico della Valle dell’Agno ha ricordato Cesare Battisti con una cena presso il ristorante “Al Sole” di Largo Paiola in cui si è servito lo stesso menù che i valdagnesi offrirono all’eroe trentino, e lo ha fatto presentando anche il saggio di Dal Lago e di Gattera che racconta, dopo l’impegno irredentista di Battisti, il suo arruolamento come tenente del battaglione alpino Vicenza, il temerario assalto al Monte Corno in Vallarsa, dove con Filzi fu catturato, il processo e l’esecuzione capitale nella fossa del castello del Buonconsiglio di Trento. Se fosse vivo il Foscolo, non avrebbe dubbi nell’ascrivere il nome di Battisti e di Filzi tra quelli “de’ forti” le cui gesta ci spingono “a egregie cose”. Battisti diede la vita per porre fine all’asservimento della propria terra a una potenza straniera, morì per l’indipendenza, per la libertà. Foscolianamente non c’è dubbio che rappresenti un modello contro il decadimento civile; un modello di riscatto nazionale.
C’è una specie di barzelletta (l’ho letta in Camon) che dice: “qual è il libro più breve del mondo? … l’elenco degli eroi di guerra italiani!” Secondo la frase di Brecht da cui abbiamo iniziato, questa barzelletta non dovrebbe offenderci ma farci onore: un popolo senza eroi è un popolo felice, rispettato, che vive nel diritto, nel buon governo, nella prosperità economica, nella dignità e nella libertà. Ma la barzelletta è una barzelletta e ci vuole mettere in ridicolo. Gli italiani non hanno eroi non perché vivono in un paese perfetto, tutt’altro, ma perché gli italiani non conoscono il concetto di res publica, di bene comune. Per gli stranieri, che hanno inventato quella barzelletta, non c’è italiano che sappia anteporre l’interesse pubblico all’interesse privato tanto che “l’italiano” non è un popolo ma un insanabile individualista che vive, lavora, opera solo per sé, contro i suoi stessi connazionali. Tutti sappiamo che quella barzelletta dice, oggi più che mai, una cosa vera ed è per questo che il 25 marzo scorso abbiamo rievocato la cena che 100 anni fa i valdagnesi offrirono a Battisti, ben felici di ricordare il suo eroismo, il suo essere italiano diverso, il suo infinito coraggio nel sostenere un’idea d’Italia quale bene di tutti; ben felici di celebrare un eroe tra i pochi della nostra razza.
A novembre, il 20, in occasione della ricorrenza della consegna alla vedova Battisti della medaglia al Valor Militare alla memoria del marito, ripeteremo la cena: si accettano fin d’ora iscrizioni.

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