Sci Club, scuola di vita

Sciare, gennaio 2015

Poniamo il caso estremo. Dopo un anno di avviamento all’agonismo, due anni di superbaby, due nella categoria baby e due in quella cuccioli, che in tutto fanno già 7 anni, che nelle tradizioni antiche è un ciclo vitale; e poi ancora dopo due anni nella categoria ragazzi e due in quella allievi, e ancora due in quella aspiranti, due in quella juniores e due in quella giovani, che sono in tutto altri 10 anni, una decade completa, la quale, sommata al precedente settennato, dà la bellezza di 17 anni di sci agonistico…, insomma dopo 17 anni di sci che ci ha visti impegnati ininterrottamente dalla fanciullezza all’adolescenza, non siamo diventati né atleti di vertice né maestri di sci. Abbiamo fatto 17 anni di sci club, abbiamo speso più o meno il denaro con il quale avremmo potuto comperare un appartamento, e alla fine abbiamo partecipato solo a qualche gara Fis regionale, quelle a cui partecipano tutti, senza vincerne nemmeno una. Adesso, diventati senior, se abbiamo ancora voglia di fare qualche gara, facciamo le RQS piazzandoci, quando va bene, tra i primi quindici. L’ho detto, questo è un caso estremo: massimo impegno nello sci, minimo risultato nell’attività agonistica. Se ne potrebbe frettolosamente concludere che abbiamo buttato via tempo e denaro in un sogno agonistico che non era per noi. In uno sport per cui non eravamo minimamente portati. Forse sarebbe stato meglio che chi finanziava il nostro impegno nello sci club, cioè i nostri genitori, avesse investito quel denaro in un appartamento. Noi che adesso abbiamo i figli che stanno ripercorrendo quella strada infinita di categorie, dovremmo saperlo che alla fine di essa si raccoglierà ben poco. Allora meglio non far fare lo sci club ai nostri figli, dato che pochi diventeranno maestri di sci, pochissimi atleti, forse nessuno campione? Meglio investire nell’appartamento? No, è sbagliato, perché sono sbagliate le attese riposte nell’impegno agonistico. Non si fanno 17 anni di sci club per diventare campioni o maestri di sci, proprio come non si va a scuola per diventare premi Nobel o professori. Si fa lo sci club e si va a scuola per imparare l’arte d’imparare, cioè per crescere sviluppando la necessaria abilità di far acquisire al nostro corpo e alla nostra mente le nuove conoscenze che la vita sempre ci offre. La scuola ci insegna questo. Da piccoli si studia la definizione di poligono o di predicato nominale non perché nella vita ci servirà sapere che cos’è un poligono o un predicato nominale ma perché così ci educhiamo a usare la testa con logica e ragione in modo da poter facilmente capire un testo o come funziona il nostro telefonino e anche quello che ci sarà tra vent’anni. Lo sci club fa la stessa cosa. Ci insegna a educare il nostro corpo a compiere movimenti precisi; ci insegna a educare la nostra testa a controllare le emozioni e i pensieri mentre siamo sopra due assi che scivolano veloci sotto i nostri piedi, che è qualcosa di diverso da ciò che si fa tutti i giorni, in modo che quando la vita ci darà l’occasione, noi potremo sempre contare su un corpo e una mente educati al nuovo, all’imprevisto, alla velocità.

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