Essere ciclisti ci salverà

Pubblicato su Sportivissimo, luglio agosto 2012

Lo sport più cool di questa estate del 2012 è il ciclismo, lo sport che trasforma gli uomini in muli. Ho scritto “muli”, non “asini”, ed è, come si vedrà alla fine, un complimento. Che la bici sia lo sport più attraente del momento lo dicono tutti dalla tv ai giornali e lo dimostrano perfino gli indicatori dei prezzi delle biciclette, gli unici a mantenere il sacrosanto valore di listino, grazie a una domanda che non dà segni di flessione. Il ciclismo è lo sport di quest’estate perché è green, cioè ti fa vivere all’aria aperta offrendoti paesaggi sempre diversi; è cool perché è rigenerante, oggi vi si applicano tecniche di respirazione derivate dallo yoga, quando già da anni il mio amico Paolo lo definiva con genialità “la nostra camera iperbarica”; è cool perché è low cost, dopo la spesa iniziale, non ci sono altri particolari costi; è cool perché ti fa visitare il mondo e le sue bellezze artistiche e naturali (in questo numero di Sportivissimo ci sono cronache di viaggi culturali, naturalistici, patriottici in Provenza, in Slovenia, lungo i fiumi padani, a Bolzano per l’Adunata degli Alpini); è cool inoltre perché ti fa dimagrire e ti tiene in forma (si dice che dietro alla vittoria in Germania di Alonso oltre al corazón spagnolo, alla tecnologia italiana e alle genialate dell’ingegnere greco, ci siano i 300 km alla settimana di bicicletta che fa per curare la sua preparazione fisica). Ebbene, noi aggiungiamo che il ciclismo è lo sport del presente perché più di qualsiasi altro sport sa trasformare gli uomini in muli e questa è la vera ragione del suo attuale, folgorante appeal sulle masse. Il ciclismo educa alla fatica, educa a risparmiare le energie, educa alla tenacia, educa, soprattutto, a fare senza tanto tener conto degli sforzi che si fanno con quella caparbietà, appunto, in nome della quale i muli sono entrati nella storia patria. Ogni sport ha le proprie prerogative e quelle del ciclismo sono queste, anche se, ovvio, ci sono delle discipline del ciclismo, come la Mountain Bike o il Downhill o le acrobazie con la Bmx dentro l’half-pipe, che richiedono una notevole componente di abilità tecnica. In genere, però, il ciclismo classico è uno sport considerato semplice. Ciò che serve, l’equilibrio, è una facoltà congenita, basta risvegliarla, poi è solo questione di far girare le gambe. Prova ne è che sono in tanti quelli che a qualsiasi età si mettono a praticarlo, e anche con discreti successi. Per cui basta una bici, inforcarla e pedalare, e più uno pedala e più è forte. Poi, seconda ovvietà, anche nel ciclismo una certa predisposizione fa la differenza, ma si tratta sempre di una predisposizione fisica o, al limite, tattica, di gestione delle forze, più che tecnica e qui si torna ai muli, dove anche nel loro regno di animali tenaci e caparbi non tutti sono uguali. Dire che il ciclismo trasforma gli uomini in muli non è disprezzarlo, ma è tesserne l’elogio in tempi di crisi come questi da cui usciremo solo se sapremo fare i muli, lavorando senza sentire il peso sulla schiena delle tasse oltre il 50% del reddito, senza mezzi efficaci sui crediti da riscuotere, sui quali comunque si è versata l’Iva, risparmiando energie e costi ovunque sia possibile, soprattutto tenendo duro con caparbietà oltre ogni limite, anche quello, il più assurdo, di lavorare senza guadagnare, di tirare avanti e basta. Con i muli abbiamo vinto sul Pasubio, facendo i muli usciremo da questa crisi. È sorprendente come ciò che avrebbe potuto sembrare una semplice moda sportiva, ecologica, salutistica, new age, nel profondo non lo sia affatto, ma sia, invece, un modo per allenare quelle facoltà umane che oggi più che mai occorrono, secondo quel modo di fare sport che ci viene dagli antichi greci che lo praticavano principalmente per prepararsi a vincere o a sopravvivere nelle loro battaglie.

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