Puntate, ammirate, sparate

Pubblicato su Sportivissimo, ottobre 2011

Tutti critichiamo e tutti siamo criticati. Non c’è azione umana che ne sia esente e lo sport è da sempre un argomento che più di ogni altro attira la critica dei suoi appassionati. C’è il bar che da sempre fa da pulpito privilegiato per le critiche verso allenatori, atleti, dirigenti, presidenti, insomma, verso tutto e tutti. Sembra che nel mondo sportivo chi non abbia nulla da criticare sia un mezzo deficiente, per cui tutti a criticare tutto e tutti per sentirsi uguale agli altri, intelligenti e fighi come gli altri. La critica sportiva è sempre stata esagerata perché istintiva; sempre irrazionale perché fatta di pancia e a caldo; a volte anche violenta e distruttiva perché animata dalla foga cieca della passione. È la critica peggiore e nella storia ha fatto più vittime di vittorie. Ho visto allenatori estromessi che non avrebbero meritato di esserlo; atleti arrabbiati cambiare squadra senza per questo diventare campioni; società estinguersi perché sommerse dalle accuse d’inefficienza. Adesso è la politica a far di peggio. Già, non c’è mai un limite al peggio, tanto che la critica sportiva sembra un po’ essersi ridimensionata. Dai bar è entrata nelle televisioni, si è fatta quindi recita, superficiale e innocua, mentre nei bar o all’interno delle associazioni sportive l’esercizio di critica, in genere, si è fatto più costruttivo. Meno parole a vanvera ma più analisi e commento. Il che vuol dire sentirsi in qualche modo obbligati a dimostrare con i fatti come si sarebbe dovuto fare meglio. Così anche il criticare ha assunto un senso positivo. Costruttivo. Però, dopo tanti anni che nello sport e nella società tutti hanno criticato tutti, è naturale che le critiche continuino a farci un po’ male. A offenderci. Non siamo ancora pronti ad accoglierle serenamente come uno spunto per il nostro miglioramento. Troppe volte ciascuno di noi ne ha dovuto sopportare d’ingiuste. Di clamorosamente scriteriate. Marco Aurelio, che era un uomo politico ma anche un filosofo, cercò di spiegarci perché dovevamo farcene una ragione: «sopprimi l’opinione e sopprimerai “il sono stato offeso”; sopprimi “il sono stato offeso” e sopprimerai l’opinione». Anche se l’opinione è una critica leggera-leggera, anch’essa contiene sempre una piccola offesa verso il destinatario del giudizio. Marco Aurelio voleva invitarci a sopportare le offese, nate dalle opinioni, in nome della civiltà del libero giudizio. Di principio aveva ragione. Meglio sopportare una critica, magari anche ingiusta, che sopportare di vivere senza la libertà di parola. Se il più delle volte questo non è facile per il nostro io, è tuttavia una cosa giusta per la nostra collettività. Per cui è tempo, dopo tanti anni di civiltà del libero giudizio, di capire che molte volte le critiche originano dall’invidia più che da un giudizio obiettivo, dall’antipatia di pelle più che dalla conoscenza profonda, dalla voglia di attaccare qualcuno tanto per dire “ci sono anch’io; faccio qualcosa anch’io” che da altro. Insomma adesso è sempre più chiaro che dietro a molte critiche vi sono, in realtà, delle malcelate attestazioni di stima. A tutti costoro impariamo a dire: puntate, ammirate e sparate tutte le critiche che volete, a noi fanno piacere!

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