Il cretino dello sport

Pubblicato su Sportivissimo, Settembre 2011

Leonardo Sciascia, che era un uomo di sinistra, ha scritto che c’è “il cretino di sinistra”. Montanelli, che invece era un uomo di destra, gli ha risposto, assicurandolo, che c’è anche il “cretino di destra”. Noi che siamo uomini di sport, diciamo che c’è perfino “il cretino dello sport”. Nello sci, per esempio, ha addirittura un suo nomignolo: “scimunito”. Chi tenta d’intrufolarsi negli impianti cercando di evitare la fila o chi per rifinanziarsi le tasche vende lo ski pass giornaliero alle 3 del pomeriggio oppure chi, per sentire il brivido della velocità, si lancia dritto giù per una pista affollata di turisti alla prendo-chi-prendo senza sapere nemmeno tanto sciare, è uno “scimunito”. Ma sono tanti i cretini dello sport: si va da quelli che credono che le strade siano circuiti d’auto o di moto a quelli che, guardando una qualsiasi partita, si fanno prendere a tal punto dalla tensione agonistica che credono di essere loro in campo, a quelli che pensano di essere dei campioni, ne assumono l‘atteggiamento arrogante dei divi, mentre sono solo dei mediocri.
In tutti i casi, “il cretino sportivo” è il prodotto di un’esaltazione. Che è un passo più in là rispetto a quell’entusiasmo positivo e simpatico con cui ciascuno di noi deve vivere lo sport. Tra l’entusiasta e l’esaltato c’è la differenza che c’è tra il complimento e il gaso. Entrambi sono fatti di parole, ovvero di aria, ma i complimenti sono di quell’aria che tiene su gli aerei e ci fa viaggiare nei cieli, il gaso di quella che ci gonfia lo stomaco e dal cul ci fa fare trombetta, come diceva Dante. Gli uni, i complimenti, sono sacrosanti e premiano, attraverso la riconoscenza, ciò che si sa fare: una curva sugli sci ben fatta, un tiro perfetto, una gara vinta; il gaso, viceversa, o anticipa con bonarie preveggenze ciò che ancora non si è dimostrato di saper fare: la prossima volta vincerai tu, sarai il più grande della storia, oppure, che è quasi peggio, come nel caso del tifoso, si pensa di saper fare quello che in realtà sanno fare gli altri. Se dai complimenti, perché veri, nasce l’autostima, dal gaso, perché falso, nascono i montati di testa. Stupidissimi a non capire che la loro esaltazione si poggia su nulla. Stupidissimi a non sapere che quanto gli si dice, non è riferibile al loro essere ma a quanto si vorrebbe che loro fossero. Stupidissimi, insomma, a non intuire che loro sono così scarsi e così deboli al punto di aver bisogno d’incoraggiamenti e di lusinghe continue. “Il cretino sportivo” non comprende che tra quello che lui pensa di sé e quello che gli altri vedono di lui non c’è la minima corrispondenza. Da questa divergenza nasce l’antipatia che sentiamo per essi, quel diverso sentire tra loro e noi, quell’anti pathos, che ce li rende odiosi. Uno studioso americano, Malcolm Gladwell, sostiene che per arrivare al successo in qualsiasi campo vale la regola delle 10 mila ore. Bisogna, dice, applicarsi per 5 anni lavorativi, nel caso dello sci per 10 inverni, per poter dire di saper fare qualcosa decentemente. 10 mila ore di sport fatto senza gaso e solo con qualche raro complimento meritato è il tempo che ci vuole per non essere mai, ma proprio mai un “cretino sportivo”.

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