Insegnare a sciare
Pubblicato su Sciare – aprile 2010Sabato 12 gennaio a Lavarone pioveva. E non si poteva sciare. E ci si domandava se l’inverno stava per finire lì, se quella che vedevamo, fradicia e sciisticamente impossibile, fosse l’ultima neve di sempre. Con il malumore accovacciato sulle nostre spalle, giravamo tra la scuola di sci e il bar adiacente. Ma la tristezza, sappiamo, ha risorse incredibili. Togliendoti la voglia di fare alcunché, ti porta a pensare quello a cui di solito non si pensa. E spesso in modo profondo. Mentre nel bar i giovani dello sci club animavamo una festicciola tra loro, nella sede della scuola di sci è esplosa forte, potente una discussione profondissima sulle difficoltà di apprendimento della tecnica sciistica dei nostri atleti. Forse l’inverno stava per finire, forse quella era l’ultima neve che avremmo visto eppure noi caparbiamente parlavamo del futuro dello sci. Alla discussione c’era il meglio dello sci locale. Giulietto Corradi, ex azzurro, istruttori nazionali, allenatori e maestri. Ragione della discussione era: perché da una discesa all’altra non si vedono miglioramenti consistenti? Perché i miglioramenti hanno tempi di maturazione che coprono mesi, addirittura stagioni? Si sono dette cose interessanti, come quella di sfruttare di più i neuroni specchio, ovvero la predisposizione umana ad apprendere per imitazione. Per capirci, la Valanga Azzurra trainata dal genio Thoni. Ci si è spaccati la testa per focalizzare quale possa essere la percezione neurocognitiva in curva. In altre parole cosa deve sentire-pensare lo sciatore in quella combinazione molteplice e intrecciata di movimenti che deve fare per realizzare un’azione che ha un inizio, un centro e una fine curva. La discussione è andata avanti per ore. In sintesi e semplificando, le intelligenze presenti hanno concordato su un punto. L’eccesso di pali è la causa prima di una formazione agonistica troppo rigida, schematica, monolitica, che si rivela alla prova dei fatti dura da modificare. Troppi pali non permettono la cura di un gesto motorio sensibile, creativo, libero, capace di trasformarsi a ogni suggerimento. Come la buona scuola non deve insegnare a cosa pensare ma a pensare, così il buon sci club, ci siamo detti, non deve perdere l’obiettivo di insegnare a sciare.
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