Più intelligenti e più stupidi

Pubblicato su Sportivissimo – dicembre 2008

Quarant’anni fa, quando più o meno iniziava l’epoca che stiamo vivendo, uno scrittore eccentrico ma geniale, come quelli che piacciono a me, Witold Gombrowicz, poco prima di morire scrisse che il problema dei nostri tempi sarebbe stato quello di essere “più intelligenti e più stupidi”. Allora non furono in tanti a capire che cosa volesse dire, oggi invece si fatica a contenere gli esempi che dimostrano la verità di questa folgorante affermazione. La nostra epoca, ormai storicizzata come “età della tecnica”, è tutta in quella intuizione. Siamo intelligentissimi a dotarci di mezzi sempre più performanti, ma siamo così stupidi che permettiamo ai mezzi di diventare più potenti dei fini per cui sono nati, cioè di noi stessi. Il rischio è di finire stupidamente vittime delle macchine che con grande intelligenza abbiamo prodotto. I filosofi fanno l’esempio estremo della bomba atomica che da mezzo per salvare il mondo dal male è così potente da annientare il mondo stesso, mentre gli scienziati citano il caso del progresso selvaggio che per farci vivere meglio sta uccidendo il pianeta su cui dovremmo vivere meglio. Secondo me, Gombrowicz avrebbe tirato su le spalle e sbuffato. Non avrebbe capito, credo, il perché ci debbano sempre metter la paura addosso per farci ragionare.
Come sportivi, tuttavia, il fascino di ricorrere ad una tecnologia sempre più performante ci è tutt’altro che estraneo, perciò vale la pena di farci una riflessione, a modo nostro, s’intende, cioè non parlando necessariamente di sport, ma… di Babbo Natale. Che cosa è accaduto al povero San Nicola di Mira, oggi Turchia, per essersi trasformato in quella specie di Gabibbo ante litteram che oggi è Babbo Natale? E’ accaduto che agli albori della nostra epoca la pubblicità, quale mezzo per far conoscere i prodotti al fine di promuoverne le vendite, abbia voluto dare una prova di forza della sua capacità di persuadere le masse. Così i pubblicitari fecero un’operazione intelligentissima. Presero la bella storia di carità cristiana di San Nicola, la intrecciarono con alcune favole popolari tedesche (Odino l’errante), anglosassoni (Santa Claus) e nordiche e aggiustarono il tutto al prodotto da vendere che era la Coca Cola. Gli cambiarono subito l’abito, non più verde ma rosso e bianco, come l’etichetta. E poi, ecco la genialata, lo fecero essere un vecchio che porta regali a tutti, ragion per cui simpaticissimo, senza tuttavia – l’ho detto che era una genialata! – tirar mai fuori un soldo dei suoi ma tanti dei nostri. Proprio come la Coca Cola che non zampilla dalle fontane. Il tutto, per di più, in una cornice d’intenso sentimento religioso, la nascita di Cristo, che l’ha fatto da subito diventare un’icona in odore di sacralità. Nella nostra riflessione Babbo Natale è peggio del cavallo di Caligola eletto a senatore, perché dove il secondo è semplicemente il delirio di un uomo di potere, l’altro è il prodotto di un mezzo, la pubblicità, sfuggito al nostro controllo. Di casi così, oggi, è pieno il mondo! L’editoria, da mezzo per diffondere scrittori veri, è diventata un diabolico e intelligentissimo laboratorio in grado di produrre da sé stupidi best seller. (Nelle prime pagine dell’ultimo premio Strega si legge che gli sci sono portati con le code in avanti. No, gli sci sulle spalle come ai piedi, si portano con le punte in avanti. Che gli attacchi sono stretti. No, gli attacchi sono duri, perché sono a molla e queste sono dure e non strette). La conseguenza è che oggi solo Olindo da Erba, autore in potenza per meriti di strage, potrebbe piegare lo strapotere degli editori e farsi pubblicare rivendicando il ruolo di autore che fu di Dante. Oppure, per fare un altro esempio, la tv, la quale per dimostrare tutta la sua forza, crea un personaggio come il bidello Carlo con l’unico talento di piangere a comando, lasciando fuori dalla porta una moltitudine di talenti autentici, senza curarsi minimamente di quale sarà l’esito di questa deriva nel nulla assoluto. Oppure le stesse banche che non si sono accontentate di essere un mezzo per gestire il nostro denaro ma hanno voluto diventare artifici di nuova ricchezza in virtù di complicatissimi calcoli, distruggendo di fatto la finanza mondiale che evidentemente si reggeva ancora sul 2 + 2. Insomma è questo il male del nostro tempo: sappiamo fare cose intelligentissime, ma siamo così stupidi che non sappiamo prevederne le conseguenze. Come sportivi dobbiamo stare in guardia dalle sirene della tecnica e non commettere l’errore di perdere il senso per cui facciamo sport. Cioè se Babbo Natale ci portasse uno dei tanti videosport, dovremmo aver chiaro che da certa gente non si ricevono nemmeno le caramelle.

Ps. A casa mia, per evitare che i miei figli facciano tanti sport ma tutti alla televisione, c’è una regola: si usa solo il video gioco dello sport che si pratica nella realtà. La chiamiamo la regola di Gombrowicz.

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