La pupa, il secchione e lo sportivo

Pubblicato su Sportivissimo – Ottobre 2006

E aggiungo Sgarbi che si incazza per nulla o per contratto. Confondere Dante per un capo indiano mi pare quasi una finezza rispetto alla goffaggine fisica di Monti e compagni. Quella, sì, è una faccenda seria. Scandalosa e penosa. L’altra era solo un gioco. Sgarbi sa che non esiste un ritratto sicuro di Dante. Che tutta l’iconografia dantesca si rifà alla solita descrizione del Boccaccio, che invero non l’aveva mai incontrato e che la fa raccogliendo indicazioni girando per la corte di Ravenna una ventina di anni dopo la morte del poeta, interrogando chi l’aveva conosciuto. Ma la fa tuttavia così bene che, quando accidentalmente furono ritrovare le ossa di Dante negli anni in cui grossomodo Geronimo e tribù attaccavano il generale Cook, tutti i caratteri fisici coincidevano alla perfezione. Dante aveva un naso a zoccolo di cavallo come quello di Geronimo e i capelli erano neri e crespi come quelli di Toro Seduto, e “dal labbro di sotto era di quello di sopra avanzato” esattamente come Kocis ma soprattutto la pelle era di “colore bruno” che è come dire che aveva la pelle rossa. E poi Dante aveva un avo che si chiamava Cacciaguida, che oggettivamente è un nome più adatto a un guerriero Apache con il talento di guidare la caccia al bufalo nelle pianure del Kansas che a un crociato al seguito dell’imperatore Corrado in Terra Santa o in Calabria che fosse. Insomma Sgarbi c’è cascato o ha recitato: non ci s’inventa finezze del genere da soli. In quel realty tutto è inventato da un’equipe di professionisti, lo capisce un bambino; tutto, con una sola eccezione: la sconvolgente negazione motoria di Monti e soci. Hanno meno di trent’anni e sono duri come baccalà, goffi come sacchi vuoti e se fanno tre gradini o tre passi di karatè hanno il fiatone e il cuore a rischio d’infarto. Hanno meno di trent’anni e pare che ne abbiano centotrenta. Se la cultura rende giovani – pensate alla “cultura del corpo” tra le donne: una cinquantina di anni fa le donne erano belle solo sotto i trent’anni. (La parola “shampoo” compare in letteratura nel 1966!) Una ventina di anni dopo erano belle sopra i trent’anni solo quelle di città. (La parola “beauty farm” è del 1994!) Adesso le donne sono belle tutte, ovunque e sempre, perché semplicemente sono diventate più colte nella cura di sé e sanno come rimanere belle – se la cultura, quindi, rende giovani, allora Monti & C. sono istruiti o, se preferite, dottori o secchioni o altro termine scolastico, ma non sono colti perché non giovani, perché, viceversa, inserirebbero tra i loro primari interessi anche la conoscenza e la cura del proprio corpo come irrinunciabile cura e conoscenza di sé e del mondo. Nel gioco della torre si salva la pupa e vola giù il secchione, perché se l’uno era un gioco costruito ad hoc, il fiatone era scandalosamente, penosamente vero.

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