Pubblicato su Sciare, febbraio 2014

Le Olimpiadi di Sochi adesso sono nella Storia e nella Storia occupano il posto tra le Olimpiadi più brutte di sempre, vicino alle Olimpiadi di Monaco 1972, quando vi fu l’attentato agli atleti israeliani. La spiegazione di questo giudizio l’ha data Bernard Henri Levy con queste parole: “nella coincidenza delle immagini tra le nevi di Sochi e il sangue di Kiev, nella concordanza quasi perfetta delle due cerimonie: quella della festa olimpica e quella dei funerali del sogno europeo da parte di un popolo che in quel sogno ancora credeva, c’è qualcosa che offende l’intelligenza e spezza il cuore”. È così, prima siamo stati offesi nell’intelligenza: perché andare in Russia, se si sapeva che in Russia non c’è rispetto per i diritti umani; perché mandarvi gli atleti, se poi i capi di stato hanno deciso di boicottare la cerimonia d’apertura? Adesso siamo stati offesi anche nel cuore con il sangue dei morti in Ucraina. Ma era tanto complicato decidere di scegliere un’altra sede, un’altra nazione? E dopo il sangue di Kiev, non si potevano chiudere i Giochi già la mattina del 20 febbraio? Se nell’antichità erano le guerre a cessare per i Giochi, adesso sarebbero stati i Giochi a cessare a causa delle guerre. Avremmo avuto modo di riflettere sul nostro fatale regresso civico rispetto ai Greci di 2800 anni fa! Avremmo finalmente dimostrato a noi stessi che lo sport è qualcosa di più che un confronto tra atleti che scendono con gli sci e che il suo esercizio va concesso solo a chi è davvero meritevole di fregiarsi dei suoi valori di civiltà. Invece siamo andati comunque a Sochi, fregandocene allegramente che i diritti umani là sono negati, fregandocene irresponsabilmente del clima repressivo che si vive in quel paese e nei suoi paesi satelliti. Questa è stata l’Olimpiade del me ne frego: l’olimpiade dell’ipocrisia. Quando il team sprint femminile di fondo ucraino non se l’è sentita di scendere in pista, dopo i 9 morti del giorno prima di Kiev, è stato detto che si è trattato di un ritiro “per infortunio”. Allora il grande Bubka, campionissimo del salto con l’asta e oggi presidente del comitato olimpico dell’Ucraina, per evitare altre falsità ha chiesto di poter far correre i suoi atleti con il lutto al braccio. Gli è stato detto che non era possibile. La carta olimpica vieta ogni forma di manifestazione politica. Anche il lutto è stato considerato “manifestazione politica!” Ci dispiace per chi ha vinto, per Innerhofer, Zoggeler, per Ligety per Miller, per tutti quelli che hanno vinto con gran merito una medaglia ma questa Olimpiade è stata davvero tra le più brutte di sempre.