L’insight dello sci

Pubblicato su Sciare, 15 novembre 2019

Come le parolacce, che sono brutte, ma hanno significati illuminanti, al punto che su alcuni soggetti e casi ne basta una per dire di più e meglio di un libro di 500 pagine, così ci sono parole in sé bruttine, ma dal significato interessantissimo, tanto da aprirti un mondo di sapere anche in relazione allo sci. Una di queste è “insight”. Parola brutta per sound, troppe consonanti. Parola brutta perché troppo simile a “inside”, che vuol dire quasi la stessa cosa, “dentro”, ma suona meglio, più alternanza tra vocali e consonanti. Parola brutta perché la sua traduzione dice di più di quanto essa non dica in lingua originale: “insight” letteralmente significa “visione interiore”. Infine, parola brutta, perché, a differenza delle parolacce, è necessario spiegarla.
Ma “insight” è parola davvero interessantissima. Una di quelle che quando le conosci non le dimentichi più. Essa è impiegata in psicologia per indicare la capacità di vedere dentro se stessi e dentro gli altri. Che è cosa grandissima. Conoscere se stessi e il mondo è la vera sapienza. Ma “insight” è usata molto anche nel marketing. E in questo ambito è parola altrettanto straordinaria. Essa esprime la capacità di cogliere le verità profonde e condivise che motivano un processo di vendita. In altri termini mette a fuoco i sentimenti che tutti abbiamo e proviamo di fronte a una certa cosa. È possibile studiare l’”insight” a seguito di un grande successo commerciale, ma è molto più interessante scoprire prima gli “insight” che orientano le nostre scelte. L’”insight” più famoso è l’amore per la propria mamma. Nessuno, nel profondo, non può non amare la persona che più l’ha amato. Il secondo, è l’essere stimati dal proprio padre. Lo diceva Virgilio, chi non è amato dalla propria madre e stimato dal proprio padre mai sarà invitato al banchetto di un dio o nel letto di una dea. La grande letteratura ha sempre colto gli “insight” ben prima che si chiamassero così. Manzoni raccontò le prepotenze che subiamo; Melville il nostro infinito bisogno di risposte, difficili come catturare la balena bianca; Kafka, il nostro esser perseguitati dal sistema di leggi e leggine senza fine in cui viviamo…
E allora, qual è l”Insight” dello sci? Cioè qual è il sentire universale e profondo degli sciatori? Credo, ma ne possiamo discutere, che sia la paura. A tutti i livelli. Ha paura il campione che si butta giù dalla Streif barrata e ghiacciata; ha paura il ragazzino o l’atleta master al cancelletto di partenza; ha paura lo sciatore domenicale, quando le piste sono affollate e teme che qualcuno gli possa andare addosso; ha paura il principiante alle sue prime curve. Ammettere di provare paura non è essere codardi. La paura è un sentimento naturale. Hanno paura i marinai del mare, gli aviatori del volo. Questione di natura. All’uomo non è dato respirare sott’acqua; non è dato volare. E normale temere ciò che è contro la nostra natura. Così è normale che gli uomini abbiano paura di cadere. L’uomo perde tutte le sue abilità quando ha il sedere per terra. Quindi teme la neve, che è scivolosa, teme i pendii ripidi, che rendono incerto il suo equilibrio. Tutto normale. In fondo gli “insight” non sono altro che la nostra normalità.
È fantastico, allora, capire come gli uomini reagiscano a tutto ciò; come di fronte ai propri, normalissimi, limiti gli uomini non si tirino indietro ma li sfidino fino a vincerli. È da qui che viene la gioia che proviamo quando dalle montagne ripide e innevate, in campo libero o tra i pali di un tracciato, dimostriamo a noi stessi che siamo scesi senza cadere e per giunta davvero bene.

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