L’inizio è ancora

Pubblicato su Sportivissimo – ottobre 2007

Ho letto il libro di Roland Barthes, intitolato Uomini e Sport, solo adesso uscito in Italia, dopo circa 30 anni dalla pubblicazione in Francia. Non è del libro, tuttavia, che voglio parlare, la sto solo prendendo larga, fingendo di voler dire che anche il teorico del grado zero della scrittura, parlando di certi uomini e di un certo sport, fa fatica a non essere retorico; in verità, la sto prendendo larga, per far desistere quelli che leggono di fretta, magari in piedi e solo ciò che li cattura nelle prime due parole. Questo editoriale è per pochi. Pochi che vogliano leggere due, forse tre pensieri sulla vita, quando tenta di fregarti, e sullo sport, quanto ti aiuta a ripartire. In copertina a Sportivissimo c’è Gianni Garbin alla sua prima maratona in handbike. Era il 1991, quando, in un’altra maratona, anche mio padre ci aveva fatto capire che era riuscito a vincere il tumore che lo aveva colpito. Che l’inizio era ancora.
Il titolo di questo editoriale è di Heidegger, il massimo filosofo del secolo scorso. Con questa frase di assoluta bellezza egli ci voleva dire che siamo ancora tutti ellenici, che davanti a noi c’è il potente inizio della filosofia greca e dello sport olimpico. Nulla è più greco e olimpico della maratona e niente è come la maratona, quando ci si vuole mettere alla prova per capire se davvero la vita non ci ha fregato del tutto. A meno di un mese dall’ultima chemio, mio padre cominciò gli allenamenti; a meno di un anno finì la Maratona di New York in 4 ore e 9 minuti. Gianni era ancora all’ospedale quando ha cominciato ad allenarsi con il simulatore, programmando maratone e un coast to coast negli Stati Uniti. Dopo quella di New York 1991 questa è la seconda grande lezione di vita che ho ricevuto. Non voglio essere retorico e so che nelle conclusioni è più facile esserlo: allora terminiamo con il caso di Oscar Pistorius, l’atleta australiano che corre con le protesi in carbonio. Il Cio si dice imbarazzato. Potrebbe essere favorito. Prego, dico io, questa è la sega, atleti di tutto il mondo tagliatevi anche voi entrambe le gambe come Pistorius! Atleti bramosi di emergere fate zan, zan un paio di volte e poi via come fulmini favoriti con le protesi in carbonio. Democrito forse non si accecò per vedere con maggiore profondità nell’abisso del suo animo? Gli atleti di tutto il mondo non si dopano per aumentare le loro prestazioni? E allora tagliatevi le gambe, mica è un dramma. E diventate cento, mille, milioni di Pistorius, forti, “ellenici” e vincenti. Perché, anche Barthes è d’accordo, lo sport dà il meglio di se stesso quanto ti insegna a tener duro, a lottare contro tutto e tutti. E’ la sua forza, la suprema lezione di Filippide: si molla solo dopo la fine.

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