Sul nome “Scuola di Sci”

Pubblicato su Sciare – 2007

In principio era il verbo e il verbo era “Scuola Italiana di Sci”. Questo era in principio. Voluto dai padri. Era il 1933 quando si nominarono i primi maestri ed era il 1963 quando nacque l’Amsi con il suo bellissimo stemma, che oggi appartiene di diritto alla storia del design italiano. Questo era, e si pensava che così dovesse essere per sempre. Senza stelle fisse si naviga e si scia a vista. Ma, ahimè, questi sono tempi duri per tutti, anche per i cosiddetti valori, quelli che ci dicono chi siamo e a quale storia apparteniamo. Qualcuno infatti ha cominciato a dire che “Scuola Italiana di Sci” è un nomaccio che deve al più presto essere cambiato. Racconto come me l’hanno raccontata: un bambino dice alla sua mamma, che gli proponeva un corso di sci per le vacanze di Natale, di non voler, appena finita una scuola, iniziarne subito un’altra. E’ in vacanza! Il Natale viene una volta sola all’anno! E così dopo aver gettato la cartella nell’angolo più lontano della camera, ha acceso la play station e per due settimane è uscito solo per mangiare o quasi e comunque mai per andare a sciare. I genitori gli hanno dato ragione: sempre a lezione, che vita è? Gli esperti hanno cominciato a interrogarsi, basta in fondo un contagio per scatenare una epidemia. Risultato? Ha davvero ragione il bambino. Non certo nella sostanza, tutti sanno (e lo sanno anche i bambini) che la scuola di sci è ben altra cosa dalla scuola dell’obbligo, ma nella forma, certamente sì. “Scuola” è un nomaccio! Se poi approfondisci, scopri che non piace nemmeno all’emergente mercato russo. E se approfondisci ancora di più, vieni pure a scoprire che è un nome che non dice nulla, dato che non c’è fisicamente nessuna “Scuola Italiana di Sci” nel patrio suolo. Via allora “Scuola” e per logica, penso io, via “maestri”, via “direttore”, via “lezione”, via “esercizio”, via “allievo”, via tutto ciò che appartiene al campo semantico della didattica. Che è noiosa! In verità è l’esatto contrario, vedi lo Spigoli del 15 ottobre, dove con Sofocle e Severino si è detto che la vera felicità è da solo nella competenza, ovvero nel sapere sciare come solo te lo insegna un maestro. Un maestro riconosciuto e rispettato, altrimenti basterebbe uno sciatore qualsiasi per trasmettere la tecnica, ma questo, lo sappiamo tutti, non ha mai funzionato. Nel nome “scuola”, nel nome “maestro” ci sono cultura e psicologia a non finire che si traducono sugli sci in carattere e credibilità. Aspetti fondamentali, questi, per comunicare il sapere. Non mi è arrivata ancora la soffiata con che nome si vorranno chiamare i futuri maestri, se si vorrà inserirli nel mondo del gioco e vestirli da clown oppure, peggio, in quello del cazzeggio postmoderno e fargli fare la parte delle soubrette, comunque c’è già da ridere. Se queste sono infatti le ragioni per annullare uno dei simboli più vincenti e visibili del mondo della neve, io comincerei a riflettere anche su tanti altri nomi: come “calcio”, per esempio, che andrebbe cambiato, altrimenti il bambinello potrebbe pensare a quello che gli darei io, se fosse mio figlio, per svegliarlo e mandarlo a una sana lezione di sci.

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